Acre, pungente, dolciastro. L’odore è giunto alle mie narici e lentamente si è insinuato fino nelle pieghe del mio cervello, mollemente rilassato tra le braccia di un sonno ristoratore quanto inopportuno. Zucchero filato che mi compravano alla fiera allestita per la festa patronale? Frutta matura caduta dall’albero e lasciata alla mercé del sole e degli insetti? Caramello appiccicoso che cola lungo le mani e incolla i denti?
Il pisolino fuori programma ha cancellato la giornata faticosa ma anche la sbucciatura “a vivo” di due chili di arance, lo zucchero, la pentola rossa nuova fiammante, il fuoco acceso, il “lasciate bollire lentamente”…..Ancora prima di aprire gli occhi ero in piedi e correvo in direzione cucina, già consapevole del disastro che mi avrebbe atteso. Mi ha trovato così, il mio dolce con-sorte: lacrime che scendevano copiose direttamente nella pentola bruciata, nemmeno fossero detersivo miracoloso per scrostare “lo sporco più sporco”. Mi ha abbracciata forte, mi ha confortato con parole di consolazione, ha posto rimedio al guaio recuperando il tegame e pulendo i fornelli. Sono una donna fortunata, lo so. Ma non riuscivo a perdonarmi; il desiderio, quotidianamente e umanamente frustrato, di essere perfetta mi perseguita da quando sono nata. Preparare la cena si è trasformata in una sfida insuperabile. Così i miei due uomini si sono cimentati in cucina ed ecco la pasta al ragù più buona che abbia mai mangiato. La ricetta del loro sugo è rimasta un mistero:
Pasta al ragu' misterioso |
carne macinata, pelati, carote…, noce moscata? cannella? Il profumo delle bacche di ginepro era inebriante ma non quanto i loro amore, gli abbracci e i baci che hanno riportato il sorriso nel mio cuore. Con.