Il secondo Natale da sposini mi scoprii
incinta. Pasqualino non stava più nella pelle, lavorava come un matto perché
voleva comprare un corredino favoloso per il suo primo erede. Era certo che
sarebbe stato un maschio. Da dove gli venisse questa certezza non lo so. Una
volta non esistevano gli aggeggi e le diavolerie mediche del giorno d’oggi che
ti anticipano il sesso del nascituro e scongiurano malformazioni. Ai nostri tempi si andava dal ginecologo dopo
almeno tre mesi che “non le vedevi”, quando ormai la pancia iniziava ad
arrotondarsi e il medico non faceva altro che comunicarti la data presunta del
parto. A me disse che avrei partorito a luglio. Niente esami, niente dieta
particolare: “faccia la solita vita, signora, ci vediamo tra tre mesi”.
E io feci la solita vita: lavoravo in
panetteria, tenevo in ordine la casa, sferruzzavo il corredino azzurro come
voleva il papà. Stavo bene, il piccolo scalciava con forza – “sarà un grande
calciatore” - mangiavo senza ingrassare
troppo. Solo un tarlo rodeva la mia testa: avevo una paura folle del parto.
Troppi i racconti che avevo udito sin da bambina sugli atroci dolori che ti
squartano le viscere mentre il neonato cerca di affacciarsi alla vita;
terrificanti narrazioni ogni volta più truculente e ricche di particolari degne
dei migliori film “di paura”. Spesso mia mamma mi sorprendeva con gli occhi
spalancati mentre mi immaginavo stesa sul letto d’ospedale, legata e
imbavagliata per non farmi gridare il male che mi avrebbe dilaniato la pancia.
“Ma l’è un mal desmenteghin” cercava di consolarmi, affermando con forza che,
appena posi gli occhi sul tuo bambino, tutto il dolore si dimentica. Ed è per
questo che le donne partoriscono più volte nella loro vita! “Tranquilla amore
mio, sarai bravissima” mi rinfrancava Pasqualino abbracciandomi. Negli ultimi
mesi il terrore di partorire stava diventando un chiodo fisso. Per cercare di
distrarmi Pasqualino una domenica mi portò allo stadio a vedere l’Inter di cui
era tifoso fin da bambino. Non avevo mai messo piede al Meazza: mi colpì l’afa
di Milano nonostante fossimo ancora in primavera, l’enormità della costruzione,
la quantità impressionante di gente che poteva contenere. Mi sembrò gonfio come
il mio ventre di quelle ultime settimane di gravidanza! Cercai di concentrarmi
sul gioco. A un certo punto Pasqualino, vedendomi così assorta, mi chiese a
cosa stessi pensando. “Ma secondo te, se tutta questa gente qui dentro è
nata….allora anche io riuscirò a partorire, no?”
FINE
DELLA TERZA PUNTATA
MI fai morire..... Pubblicità, come in tv!!!!!!
RispondiEliminache fantasia, mi pace proprio tanto questa storia cosi' verosimile, mai pensato di scrivere per la tv?????Baci Sabry
RispondiEliminaChe forte la frase conclusiva di questa puntata!
RispondiEliminaIo penso che il problema non sia partorire... ma tutto quello che viene dopo!!! =)))
Dani
Pronta per il seguito, naturalmente, aspetto fiduciosa, bacioni
RispondiEliminaMi sto follemente appassionando alla tua soap, a quando la prossima puntata???
RispondiEliminaSei troppo brava Amelie!!!
Un bacio grande e buon inizio settimana
Carmen
Mi ero persa le prime due puntate, ma ho provveduto a mettermi al passo, ed ora sono completamente presa da questa avvincente storia di vita, a quando il seguito????
RispondiEliminaComplimenti hai un modo molto accattivante di scrivere!!!
Baci
Appena la casa sarà presentabile, te la mostrerò molto volentieri! Bacioni
RispondiEliminaSono proprio curiosa di leggere il seguito... ma ci sara'un finale a scelta?? Io adoro i lieti fini, quelli del fatidico.. e vissero felice e contenti! :-)
RispondiEliminaAmelie sei bravissima, ora attendo il seguito :)
RispondiEliminaUn abbraccio, buon pomeriggio!!!